Presentato all’interno delle Notti Veneziane delle Giornate Degli Autori, “Desert Suite” è un film sulla ricerca del posto migliore per se, sulla fatica di questa ricerca e sul suo possibile e spesso inevitabile fallimento. Fabrizio Ferraro ha un cinema semplice, a volte basico ma con un approccio esistenziale intenso, e un senso del dolore e della sconfitta molto rimarcati che influiscono molto sul tono narrativo.
Un ribaltamento delle percezioni comuni
In “Desert Suite” si nota un ribaltamento di ciò che comunemente viene apprezzato o deriso. Fabrizio Ferraro ci porta in un viaggio dove la semplicità contadina, lo sporcarsi le mani e la fatica fisica del lavoro nelle vigne , normalmente deprecate e derise dell’uomo moderno che vive nelle città, sono un paradiso, un luogo fiabesco che il protagonista poi non ritroverà nel contesto della modernità urbana, fredda e oscura e nemica, che il pensare comune moderno invece vede di solito come positiva.
Plot
Un giovane uomo attraversa l’Europa in cerca di una nuova Itaca.
Deluso dal proprio paese, passa dall’infruttuosa e arida vendemmia di Banyuls-sur-mer a un incontro seduttivo e melanconico con una giovane donna di Bruxelles, fino a rifugiarsi in una gelida suite di un grattacielo di Rotterdam.
Qui, come un angelo sterminatore, mette in scena un macabro gioco fatto di stordimento digitale e droga.