Ricordando Terence Davies: un pioniere del cinema i cui film risuoneranno nel tempo
Terence Davies, il visionario regista celebrato per i suoi film evocativi che riflettono la sua tumultuosa educazione operaia a Liverpool, è tristemente scomparso sabato scorso all’età di 77 anni dopo una breve malattia. Le sue opere, segnate da momenti di trascendente bellezza intrecciati a dolore lacerante, hanno lasciato un segno indelebile nel mondo del cinema.
Terence Davies: una vita nel cinema
Terence Davies è stato un poeta cinematografico, un maestro della malinconia e un creatore di film in risonanza con i recessi più profondi dell’animo umano. Il suo viaggio nel mondo del cinema è iniziato con “The Terence Davies Trilogy”, una raccolta di cortometraggi che hanno seguito il personaggio di Robert Tucker attraverso le varie fasi della vita. Questi film esploravano temi di identità, sessualità e lotte familiari, attingendo fortemente dalle esperienze di Davies.
Children (1976) raccontava di uno scolaro vittima di bullismo in una rigidissima scuola cattolica, che rispecchiava la vita di Davies e si concludeva con la morte del padre violento. È stata un’esplorazione cruda e inflessibile della sua dolorosa educazione.
Madonna and Child (1980) ha seguito Robert da adulto mentre affrontava le esigenze del cattolicesimo e i suoi desideri gay. Ha approfondito la complessa interazione tra religione e desideri personali, un tema che sarebbe stata ricorrente durante tutta la carriera di Davies.
Death and Transfiguration (1983)immaginava Robert come un uomo anziano sul letto di morte, che rifletteva sul passaggio del tempo e sulla caducità della vita.
Questi film, insieme al romanzo di accompagnamento di Davies “Hallelujah Now” (1984), lo hanno affermato come un formidabile talento cinematografico, senza paura di raccontare le profondità della propria psiche e della propria educazione. L’opera magnum di Davies, “Distant Voices, Still Lives” (1988), è un’esplorazione inquietantemente bella della sua infanzia negli anni ’50. Raffigurava una famiglia tenuta in ostaggio da un volubile patriarca ed era caratterizzata da scene toccanti e simmetriche. L’uso della musica e delle voci da parte di Davies, spesso scollegate dall’azione, ha aumentato il potere malinconico del film. È stato un lavoro profondamente personale che ha risuonato con il pubblico a un livello emotivo profondo. The Long Day Closes (1992) è stato un altro gioiello della sua filmografia. Ha esplorato gli anni più felici dell’infanzia e il suo profondo amore per il cinema. La maestria di Davies e la sua capacità di evocare un senso di nostalgia e desiderio hanno raggiunto nuove vette in questo film. È stata una toccante meditazione sul passare del tempo e sulla natura fugace della felicità.
“A Quiet Passion” by Terence Davies (UK/Belgium)
Dopo aver scavato a fondo nel suo passato, Davies ha spostato la sua attenzione sugli adattamenti letterari, come “The House of Mirth” (1999) di Edith Wharton e sulle drammatizzazioni delle vite di personaggi letterari, tra cui Emily Dickinson in “A Quiet Passion” (2016) con Cynthia Nixon e Siegfried Sassoon nel suo ultimo film, “Benediction” (2021) con Jack Lowden e Peter Capaldi. Sia che approfondisse la propria vita o quella degli altri, Davies mantenne il suo rigore formalista, la sua grandiosità visiva e le esplorazioni tematiche della religione, della repressione e della sublimità dell’arte.
Una vita di resilienza e passione
La vita di Terence Davies è stata una testimonianza di resilienza e passione. Nato a Liverpool, è cresciuto in un ambiente difficile, sentendosi fuori posto a scuola, in famiglia e nella chiesa cattolica. Nonostante le difficoltà sopportate, ha incanalato le sue esperienze nella sua arte. Il suo viaggio lo ha portato dal lavoro come impiegato in un ufficio spedizioni e contabile allo studio alla Coventry Drama School nel 1973. Qui ha scritto il suo primo film “Children”, finanziato dal BFI Production Board. Sebbene non sia stato facile dirigere il suo primo film, ha spesso ricordato come l’esperienza fosse stata traumatica – fu apertamente disdegnato dalla sua troupe – il film divenne un trionfo, e incluse Davies nell’ondata di talenti britannici di quel periodo insieme a Bill Douglas, Peter Greenaway e Derek Jarman.
La carriera di Davies non è stata priva di sfide; malgrado i successi dei suoi film, dopo “The House of Mirth”, ha dovuto affrontare molte difficoltà nel garantire il finanziamento dei suoi progetti, specialmente Sunset Song, l’ adattamento dell’omonimo romanzo di Lewis Grassic Gibbon (che riuscì a realizzare solo nel 2015 con Peter Mullan e la modella Agyness Deyn). Criticò apertamente lo UK Film Council e ritornò dietro la macchina da presa, otto anni dopo, con il suo documentario personale “Of Time and the City” (2008), una riflessione sulla sua amata Liverpool, che segnò una rinascita creativa.
L’eredità del cinema
I film di Terence Davies erano profondamente personali e riflettevano i suoi sentimenti e le sue esperienze complesse. Nonostante fosse alle prese con il disprezzo per se stesso e i pregiudizi sociali, ha continuato a creare arte in risonanza con il pubblico. Il suo cinema è, e rimarrà sempre, un luogo in cui passato e presente convergono, dove dolore e bellezza convivono e dove musica e memoria costituiscono il cuore di una grande narrazione che continuerà a incantare.
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