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Alice nella Città - Roma

“La scuola”, intervista al regista Daniele Luchetti

todayOctober 15, 2025

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"La scuola" di Daniele Luchetti: il ritorno di un film che ha segnato una generazione

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    "La scuola", intervista al regista Daniele Luchetti Federica Scarpa

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A trent’anni dalla sua uscita, “La scuola” torna in sala in una versione restaurata presentata alla 23ª edizione di Alice nella Città, e disponibile su Mediaset Infinity dal 16 ottobre. Il regista Daniele Luchetti ripercorre con FRED Film Radio il significato di questo film, simbolo del cinema italiano degli anni ’90 e ancora oggi sorprendentemente attuale.

“Mi ha colpito vedere quante cose sono cambiate, soprattutto nei mezzi. Trent’anni fa facevamo film con più soldi, più libertà visiva e più tempo. Oggi li giriamo in sette settimane, allora in undici,” racconta Luchetti con un sorriso, ricordando anche la produzione di Rita e Vittorio Cecchi Gori, che “mi misero davvero nelle condizioni di fare un film con tutto quello che serviva.”

Un piccolo esperimento diventato un successo generazionale

Quando uscì nel 1995, “La scuola” venne definito dallo stesso Luchetti “un piccolo film sperimentale”, ma si trasformò in un enorme successo di pubblico. Riguardandolo oggi, il regista ammette:
“Mi sembra di aver sperimentato la vitalità. Era la prima volta che avevo la sensazione di catturare una vita che ribolliva. Quei ragazzi di quindici anni facevano semplicemente casino — e quel casino doveva entrare nel film.”

È proprio quella energia reale e imperfetta a rendere il film ancora oggi vivo, autentico e capace di parlare alle nuove generazioni. Nonostante tre decenni di distanza, Luchetti osserva che “non cambia niente. Le stesse aule, le stesse sedie, gli stessi banchi… solo con un cellulare in mano in più. È sempre lo scontro tra ormoni e cultura, tra contenzione e libertà.”

La scuola come microcosmo immobile e universale

In “La scuola”, il tempo è un tema centrale. Non solo come durata, ma come condizione di immobilità: quella degli insegnanti e dell’istituzione stessa. “La scuola è un microcosmo in cui ogni anno si ripropongono le stesse tipologie umane, semplicemente con nomi diversi,” spiega Luchetti.
E aggiunge: “Non è che il film fosse preveggente, semplicemente raccontava ciò che avevamo tutti sotto il naso.”

Tra i simboli più affascinanti c’è Cardini, lo studente invisibile che tutti evocano ma nessuno vede mai. “È l’invenzione più bella del film. Proprio perché non si vede mai, ognuno può dargli la propria definizione. È l’indefinibile, la metafora più riuscita del film.”

Cinema e formazione: un dialogo tra generazioni

Oggi Daniele Luchetti insegna al Centro Sperimentale di Cinematografia e continua a riflettere sul ruolo del cinema come strumento educativo:
“Quando insegni cinema, impari anche molto dai tuoi studenti. Capisci che hanno un rapporto diverso con le immagini: guardano i film sulle piattaforme, non più in sala. Però hanno una formazione culturale nuova, e questo mi insegna tanto.”

Secondo il regista, il cinema dovrebbe entrare nelle scuole come strumento di apprendimento: “Un film ti fa capire la storia e la psicologia di un’epoca meglio di un saggio. Guardando “Poveri ma belli” capisci cosa si pensava delle donne negli anni ’50 molto più che leggendo un manuale.”

Un film da non cambiare

Dopo trent’anni, Luchetti rivede “La scuola” con affetto e lucidità:
“Lo feci nel panico, svegliandomi la notte pensando di fare la peggior cazzata della mia vita. E invece, trent’anni dopo, ne stiamo ancora parlando. Non toccherei una virgola.”


Plot

In un istituto tecnico della periferia romana si svolge l’ultima giornata di scuola, scandita da scrutini, tensioni tra colleghi e piccoli eventi che riflettono la complessità del mondo scolastico. Dentro le mura consunte dell’edificio si incrociano personalità diverse: il professor Vivaldi (Silvio Orlando), insegnante di lettere idealista e sensibile, che vede nella cultura un’occasione di crescita e riscatto; la professoressa Majello (Anna Galiena), docente di matematica, dolce e malinconica, in bilico tra vita privata e dedizione al lavoro; e il vicepreside Sperone (Fabrizio Bentivoglio), rigido e pragmatico, che riduce l’insegnamento a un dovere burocratico più che a una missione educativa. Attorno a loro si muovono colleghi disillusi, giovani insegnanti entusiasti, studenti difficili e altri pieni di speranza. Le aule, i corridoi e la sala professori diventano così luoghi simbolici dove prendono forma i conflitti, le attese e le contraddizioni di una comunità scolastica. Attraverso il gioco tra presente e flashback di momenti dell’anno scolastico appena concluso, il film disegna il ritratto corale di un’istituzione sempre in bilico tra missione educativa e precarietà strutturale, in cui il tempo della burocrazia e quello dell’esperienza umana si fondono in un’unica storia.

Written by: Federica Scarpa

Film

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