“Separazioni”, intervista con il regista Stefano Chiantini

Stefano Chiantini ha presentato al Torino Film Festival “Separazioni“, un film intenso e stilisticamente rigoroso, che affronta il tema delle separazioni e delle tragedie familiari in montagna. La pellicola si distingue per l’approccio estetico minimale e geometrico, finalizzato a riflettere la compostezza dei personaggi di fronte alla perdita e alla sofferenza. La montagna, elemento centrale tanto narrativo quanto visivo, viene restituita come protagonista, un involucro imponente che circonda e condiziona gli eventi.

L’estetica come strumento narrativo

Stefani Chiantini ha sottolineato come la ricerca di una forma geometrica e di una fotografia in bianco e nero siano state fondamentali per il film. La scelta di questa palette visiva rende il racconto distaccato, quasi documentaristico, ma al tempo stesso coinvolgente e ricco di forza simbolica. La montagna, visibile anche dall’ambiente circostante come scuola e paesino, occupa uno spazio quasi metafisico, accentuato dal bianco e nero che potenzia la sua presenza imponente e austera.

Rispetto e riflessività nella rappresentazione del dolore

“Separazioni” si distingue anche per la scelta registica di mantenere un distacco emotivo, evidenziato da riprese lontane e inquadri totali degli interventi di soccorso. Questa impostazione mira a rispettare il dolore delle persone coinvolte, evitando l’invasività emotiva e lasciando spazio alla dignità dei personaggi. La distanza mentale adottata permette di rappresentare il dramma senza scadere nel sensazionalismo, offrendo uno sguardo contemplativo e rispettoso sulla tragedia.

Una riflessione sulla funzione sociale del cinema

Stefano Chiantini ha anche espresso riserve sulla possibilità che un film come questo possa aiutare a superare un dolore così grande. Tuttavia, ritiene che possa rappresentare una forma di gestione personale del lutto, offrendo una prospettiva in cui lo spettatore può trovare una possibilità di uscita e di elaborazione. La pellicola, attraverso la sua estetica e il rispetto del dolore, si propone come uno strumento di riflessione e di management dei sentimenti più profondi.

Plot