Giornate degli Autori - Venezia
“Toni, mio padre”, intervista alla regista Anna Negri
"Volevo raccontare cosa voleva dire essere un intellettuale militante del Novecento quanto questo avesse anche una ricaduta sul piano personale"
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Giornate degli Autori - Venezia
Alla 22° edizione delle Giornate degli Autori, a Venezia, Tomaso Pessina porta il suo “L’incanto” nella sezione Confronti.
Il film prende forma come un viaggio attraverso i temi, i paesaggi e le ossessioni di uno dei maestri del cinema italiano: Pupi Avati.
Al centro del film c’è il senso di appartenenza: a una famiglia, a una città, a un paesaggio, a un’idea di cinema. Ma soprattutto c’è il desiderio di capire cosa sia davvero “l’incanto”: una forza invisibile che lega chi fa i film, chi li guarda, e i luoghi – sempre più fragili – dove quella magia si manifesta. riporta il cinema italiano in un viaggio tra passato e presente
L’incanto” di Tomaso Pessina si distingue come un affascinante tributo agli ultimi decenni del cinema italiano e alla sua capacità di incantare gli spettatori. Attraverso una narrazione che intreccia storia, memoria e passione, il film esplora il valore della sala cinematografica come luogo di meraviglia e di autenticità, conservando intatta la magia del grande schermo.
Il titolo “L’incanto” rappresenta molto più di un semplice nome: è il cuore stesso del film. Pessina spiega che l’obiettivo principale è il senso di meraviglia che il cinema può suscitare, un sentimento che va oltre le immagini proiettate. È l’esperienza di entrare in una sala buia, condividere un momento collettivo e sentirsi parte di una storia che si svolge davanti agli occhi, ma anche l’intimità del regista che comanda lo spettacolo, che grida “azione!” creando un’atmosfera di magia e quanto questa si ripercuota nel lavoro di Pupi Avati, uno dei grandi protagonisti di questa storia.
L’ispirazione iniziale nasce da un evento reale: la chiusura del cinema Odeon di Milano, edificio storicamente legato alla famiglia di Pessina. Costruito nel 1929 dal bisnonno dell’autore, il cinema rappresentava un simbolo di cultura e tradizione cittadina. La notizia della sua chiusura ha acceso in Pessina il desiderio di realizzare un film che raccontasse non solo la storia di un locale iconico, ma anche il sentimento di perdita e di cambiamento che attraversa molte città italiane.
Il rapporto tra cinema e identità urbana emerge in tutta la sua profondità nel film, che riflette sulla città come un elemento vivo, in continuo mutamento. Pessina sottolinea come la chiusura di un cinema non sia solo la fine di un’epoca, ma anche il ripensamento del modo in cui si concepisce la cultura e lo spazio pubblico, ponendo domande su quale tipo di città vogliamo costruire.
Il progetto ha preso forma nel corso di tre/quattro anni, un percorso fatto di incontri con persone legate al cinema e alla storia dell’Odeon. Tra queste, spiccano le figure di figure come Fernando, il proiezionista, simbolo di un mestiere ormai scomparso ma che rappresenta l’anima del cinema di un tempo. Ricorda Pessina come la figura del proiezionista sia romantica, un’ultima testimonianza di un’arte fatta di precisione e passione.
Il film si arricchisce anche di altri ricordi, come le immagini di un cinema parrocchiale di Bologna, che evocano un’Italia dove il cinema era diffuso e accessibile in ogni angolo. Questi ricordi rafforzano il senso di comunità e di cultura condivisa, elementi che “L’incanto” resta fedele nel suo intento narrativo.
Il potere del cinema, secondo Pessina, nasce dall’epifania e dalla capacità di aprirti nuovi mondi: “Il cinema ti cambia la vita”, afferma il regista, citando Fellini. Ha trovato la sua personale epifania durante le riprese, osservando Pupi Avati sul set, un incontro che ha rafforzato la sua vocazione e la volontà di raccontare storie che parlano di identità e di trasformazione.
Il messaggio culturale di “L’incanto” si concentra quindi sulla natura viva del cinema e sulla sua funzione di memoria collettiva. La chiusura di un cinema come l’Odeon non rappresenta solo la fine di una struttura, ma solleva questioni più profonde sulla città, sulla cultura e sul patrimonio emotivo che il cinema porta con sé.
“È importante cambiare, ma senza perdere il legame con il passato” conclude Pessina, sottolineando che il vero incanto risiede nella capacità del cinema di emozionare, educare e unire le persone, in ogni epoca. “L’incanto” si propone così come un invito a preservare questa magia, a valorizzare il cinema come bene comune e a riflettere sul senso di città e cultura che vogliamo costruire.
L’incanto è un film documentario che esplora la magia del cinema attraverso molteplici sguardi. Da una parte, il maestro Pupi Avati, dall’altra la storia del Cinema Odeon di Milano, capolavoro déco inaugurato nel 1929, progettato dal bisnonno del regista e ormai chiuso. Una sala che ha segnato l’immaginario di molte generazioni, ma adesso si prepara a diventare un centro commerciale di lusso.
Dalla perdita simbolica di questa sala cinematografica nasce L’incanto, che intreccia il racconto personale con la forza dello schermo, ricostruendo un legame familiare profondo: quello tra il regista e il cinema, mediato dalla figura centrale di Pupi Avati.
Un viaggio personale e visivo tra memoria, appartenenza e immaginario collettivo, dove le conversazioni private con Pupi Avati si alternano a materiali d’archivio, momenti di backstage, e si intrecciano alle sequenze originali dei suoi film, che qui incontrano una nuova vita: l’animazione. Per raccontare non solo un autore, ma il potere stesso del cinema di incantare e trasformare.
Written by: Chiara Nicoletti
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Tomaso PessinaFilm
L'incantoFestival
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