Uno sguardo profondo nelle ombre più nascoste dell’animo umano
“Elisa”, il film di Leonardo Di Costanzo in concorso alla 82ª Mostra del Cinema di Venezia, è viaggio di esplorazione delle zone più oscure dell’identità e delle emozioni umane.
Il film si basa infatti sulla storia vera di una donna, interpretata da Barbara Ronchi, che ha ucciso la sorella maggiore e ne ha bruciato il cadavere, senza un movente solido. Dopo “Aria Ferma” in cui Di Costanzo raccontava chi doveva convivere con il personaggio portatore di colpa, con “Elisa”, il regista napoletano guarda la colpa in faccia.
Attingendo ai numerosi casi studiati dai criminologi Adolfo Ceretti e Lorenzo Natali, che da anni conducono ricerche sull’agire violento e sugli autori di crimini efferati, commessi da persone spesso apparentemente insospettabili, Di Costanzo offre un percorso complesso e coinvolgente per lo spettatore
Con una narrazione che mette in discussione le nozioni di colpa, responsabilità e comprensione, il film invita a riflettere su cosa ci renda umani e su come affrontiamo le nostre paure più profonde.
Un’indagine sulla natura del crimine e della trasformazione
Il film si ispira a una prospettiva criminologica trasformativa, che va oltre la semplice etichetta di colpevole e colpevolezza. Secondo le parole di Di Costanzo, questa visione vede il criminale non come un mostro immutabile, ma come un individuo in fase di cambiamento, soggetto a un percorso di redenzione. La pellicola mette in scena un criminologo che non si limita a osservare in modo distaccato, ma si coinvolge emotivamente con il personaggio che sta analizzando, riconoscendo la complessità e l’umanità nascosta dietro ogni gesto.
L’importanza dell’empatia e della partecipazione emotiva
Barbara Ronchi, interprete di “Elisa”, sottolinea come il film sfidi lo spettatore a confrontarsi con le proprie paure e emozioni più intime. La narrazione smantella il mito del mostro, mostrando che i “mostri” sono spesso figure interiori, simboli di paure universali come il fallimento, la mancanza di amore e l’insicurezza. Paure comuni che tutti viviamo.
“Raramente sentiamo le voci dei colpevoli.“commenta. “Da attrice mi interessava affrontare la storia di una Medea, una donna che aveva commesso qualcosa di irreparabile”
Il percorso emotivo del film porta lo spettatore a un livello di immedesimazione complessa: si riconosce nelle fragilità della protagonista, ma mantiene anche una distanza necessaria per non giudicare. Questo equilibrio tra empatia e distacco rappresenta uno degli aspetti più delicati e significativi dell’opera, che invita a riflettere sulle scelte morali e sulla natura umana.
Plot
Elisa, trentacinque anni, è in carcere da dieci, condannata per avere ucciso la sorella maggiore e averne bruciato il cadavere, senza motivi apparenti. Sostiene di ricordare poco o niente del delitto, come se avesse alzato un velo di silenzio tra sé e il passato. Ma quando decide di incontrare il criminologo Alaoui e partecipare alle sue ricerche, in un dialogo teso e inesorabile i ricordi iniziano a prendere forma, e nel dolore di accettare fino in fondo la sua colpa Elisa intravede, forse, il primo passo di una possibile redenzione.